Si chiama imprenditorialità interna: coltivare i talenti interni, magari nascosti, con delle call for ideas. Un approccio culturale di innovazione e partecipazione, che SDA Bocconi sostiene con vigore attraverso il corso MISA.
imprenditóre s. m. (f. -trice) [der. di imprendere]. – Chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata, di carattere industriale, agricolo o commerciale, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizî; in senso più ampio, chi, persona fisica o società, gestisce un’impresa.
La definizione è chiara, ma se proviamo ad associare il termine a un’immagine, i risultati sono i più disparati: il proprietario della piccola azienda di provincia, il grande capitano d’industria, il giovanissimo startupper, il fondatore ultraottentenne che non molla il timone e tiene in caldo figli e nipoti pronti a subentrargli.
Cos’hanno in comune queste figure? Il fatto di guidare le loro aziende.
Eppure, essere imprenditori non è solo una questione di poltrona. E’ soprattutto questione di mindset - ed è quello che serve per innovare e cambiare un’azienda. Capacità e attitudini di persone che possono trasformare il posto in cui lavorano, pur senza esserne i proprietari.
Ma come si scoprono gli imprenditori interni?
Osservando. Se i manager hanno visione, possono scoprire che tra le loro file lavorano - e soprattutto pensano - dei talenti in grado di dare una marcia in più al business.
Ma, a monte, serve un’osservazione attenta delle attitudini e delle capacità delle risorse. Tutte, nessuna esclusa.
“Scoprire gli imprenditori interni è una sfida enorme. Bisogna incentivare le idee, ed è spesso molto faticoso. Non ci sono ancora best practice, e la cultura aziendale influisce tantissimo. Se non c’è lungimiranza da parte del manager - che magari sono anche gli individualisti che ti “rubano” le idee - questi talenti, che rappresentano il 5% di ogni azienda, restano in cantina e non si possono esprimere. Ecco perché diventa fondamentale trovarli, e qui è responsabilità delle HR: fare formazione, tramite networking e iniziative”, spiega Mikkel Draebye, Associate Professor of Practice di Strategy and Entrepreneurship e Direttore del master MISA, Master in Imprenditorialità e Strategia Aziendale di SDA Bocconi.
Il cambiamento culturale è il punto di partenza.
Va da sé: servono innanzitutto manager con questo tipo di visione, ed è da loro che deve partire il cambiamento.
Qui entra in gioco la formazione del MISA, che si posizione nel mercato dell’alta formazione come un vero turnaround culturale: l'obiettivo è preparare i giovani di oggi a essere manager domani proprio con questo approccio. E, a loro volta, i venticinquenni che tra dieci anni guideranno le aziende, influenzeranno i colleghi, in un circolo virtuoso che si propagherà tra i dipendenti e le nuove leve che man mano entreranno in azienda.
“Realtà come Google, Amazon e 3M hanno scoperto che nei processi di innovazione non serve solo una buona idea, ma serve anche passione e ownership nel portarla a termine. Quindi in aula insegniamo entrambe le cose in modo equivalente: come si fa un bilancio, ma anche come coltivare la parte di creatività e innovazione interna”, continua il Direttore del MISA.
In buona sostanza, vanno bene le idee, ma prima devi avere solide basi tecniche, un po’ come un computer che per poter installare i programmi da far “girare”, deve prima avere un hardware perfettamente a punto.
Il MISA – Master in Imprenditorialità e Strategia Aziendale di SDA Bocconi.
Giunto al diciannovesimo anno, il MISA è corso molto particolare nel porfolio SDA Bocconi.
Come tutti i corsi SDA Bocconi, è case-orientend: molto laboratorio, molti lavori di gruppo, ma è anche focalizzato sui contenuti di innovazione e creatività. Lo racconta il Direttore Mikkel Draebye: “Metà del corso è come un mini MBA, molto generale e di sostanza. Il resto ha un focus spinto su innovazione e imprenditorialità, tutto ben compenetrato in un percorso parallelo”.
Un orientamento al management, alla strategia, alle operations e una solida parte creativa: innovazione dei modelli di business, prodotti, processi e approccio imprenditoriale.
Al MISA sono classi giovani, con una media d’età di 25 anni circa, laureati con un paio di anni di lavoro che tornano per specializzarsi. Quasi la metà dei partecipanti proviene da family business, aziende piccole ma proiettate alla crescita, che hanno bisogno di formare i loro futuri manager.
“Quando innovi, fai cose nuove ed è come essere in una start-up. Noi insegniamo a prendere la responsabilità nei progetti, a usare i soldi come se fossero i loro, non come se fossero dell’azienda per cui lavorano”, continua Draebye.
“Il mondo sta cambiando in modo rapido, e in questa situazione di turbolenza le aziende devono essere pronte a legare i loro processi di marketing alla nuova realtà. Ma gli input devono arrivare da tutti i componenti dell’azienda, non solo dagli esperti di marketing magari over 50. Anche altre risorse slegate dal marketing possono avere un’idea; bisogna quindi aumentare diversità e creatività all’interno, prendere l’iniziativa e far capire che ognuno può dire la sua. Mai stare zitti”, prosegue Draebye.
Una battaglia o una sfida?
Entrambe. Cambiare la mentalità ha una doppia faccia, perché la resistenza al cambiamento, soprattutto in contesti medio-piccoli, è molto forte.
“Come SDA Bocconi cerchiamo aziende partner che ci credano. A livello corporate lo hanno capito, come per esempio Amazon, che ha sposato la filosofia al 100% e dà subito molta responsabilità decisionale. Ma coi family business è più difficile”, continua Draebye.
Le idee e la meritocrazia.
E come viene gestita la meritocrazia, soprattutto su un terreno scivoloso come quello delle idee?
Come si dà, nella pratica, valore all’idea e merito a chi l’ha avuta?
Una strada è quella delle call for ideas: “Il modello più semplice è che l’azienda abbia una struttura democratica aperta, dove si può fare una proposta, magari con una call for ideas come ha fatto la LEGO. Un modo dove tutti possano partecipare con i loro suggerimenti, ma con un procedimento ben documentato. E, soprattutto, chi valuta la tua idea non deve essere il tuo capo funzionale, ma un board apposito”, spiega Drayebe.
Ma qual è il costo di un’idea?
Dare un valore alla bontà di un’idea è sempre difficile e aleatorio. Spesso nelle aziende – soprattutto in quelle più “chiuse” e a basso riconoscimento di merito – si rischia l'impasse mentale di non partecipare al processo di miglioramento perché viene reputato “inutile” o addirittura controproducente.
“Bisogna fare uno sforzo di fiducia: deve essere normale che parte del tuo lavoro è pensare e partecipare al miglioramento continuo”, spiega Draebye. “In aziende come Google, 3M o Whirpool il 15% del tempo delle persone è allocato ad attività di innovazione: fa parte del tuo sistema e vieni anche tracciato. Ma se si vuole attivare una persona, si deve pagare il 10% per incentivazione delle idee, anche se la parte economica non è tutto, ovviamente”, continua Draebye.
Parola chiave: partecipazione.
Fiducia, incentivazione, motivazione: in una parola, partecipazione. Anche se si sbaglia, bisogna continuare a provare.
“E’ sempre una questione di mindset: ENEL investe da molto tempo in questa direzione. Cinque anni fa ha addirittura lanciato una provocazione: premiare i fallimenti. Un modo ribaltato per incentivare i dipendenti a proporre, a non avere paura di sbagliare. Un segnale chiaro che equivale a dire: non tutte le idee funzionano, ma anche se non funzionano, si può e si deve continuare a provare, perché quelle giuste prima o poi arrivano”, conclude Draebye.
Informazioni sul MISA.
https://www.sdabocconi.it/it/master-specialistici-full-time-executive/misa
La scadenza delle ammissioni per il prossimo anno è il 30 ottobre 2020.
L’inizio del programma in aula è previsto a gennaio 2021 e la conclusione del percorso a dicembre 2021.
Per info:
Tel. 02 58363125, email: MD@SDABOCCONI.IT
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